#nuove dinamiche amorose
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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pangeanews · 7 years ago
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“La scrittura ù la mia maledizione”: intervista a Philippe Vilain, il romanziere che conosce l’arte di amare
In Italia Ăš premiato e decorato, accademicamente riconosciuto. Malauguratamente, non Ăš altrettanto diffuso tra le masse, evidentemente piĂč interessate, quando si tratta di autori stranieri, ai soliti americani o alle loro americanate. Si sa che la letteratura francese, come l’italiana, almeno quando di rilievo, Ăš piĂč complessa e raffinata. Quella d’oltralpe, in particolare, ha la tendenza a essere sempre squisita. Persino una canaglia come Houellebecq, quando descrive scene di sesso decisamente sopra le righe, o quando sparla e ingiuria, Ăš talmente elegante da farsi perdonare all’istante.
Nel nostro paese, la frequentazione degli autori francesi Ăš piuttosto scarsa, se si esclude l’autore di Sottomissione. Eppure, esistono altri scrittori, fatta eccezione per i grandi classici ottocenteschi sui quali i nostri vicini di casa sono imbattibili, che meriterebbero una maggiore attenzione. Uno di questi Ăš certamente Philippe Vilain, che a noi Ăš giunto per alcune traduzioni di suoi romanzi e ben poco per quel che concerne l’attivitĂ  di teorico della letteratura. La sua peculiaritĂ  Ăš l’indagine sui rapporti amorosi, come si puĂČ ben leggere in quello che Ăš forse il suo testo piĂč noto, Non il suo tipo, da cui Ăš stato tratto anche un film tanto grazioso quanto tristemente realista. Non ci sono sue nuove pubblicazioni, qui da noi, giĂ  da qualche anno, ma abbiamo comunque ritenuto fosse necessario per il lettore fare conoscenza con questo interessantissimo autore.
Signor Vilain, lei Ăš poco noto qui in Italia. Ci piacerebbe, pertanto, sapere qualcosa di piĂč della sua attivitĂ  di scrittore. Quando ha iniziato a scrivere e cosa l’ha indotta a farlo?
Mi ritengo giĂ  fortunato d’essere tradotto da un editore italiano, Gianni Gremese, che mi Ăš fedele ormai da quasi dieci anni e che ha giĂ  pubblicato cinque dei miei romanzi: Falso padre, Quadernetto sulla timidezza, Non il suo tipo, La moglie infedele. Inoltre, Ăš in uscita ad aprile 2018 il mio ultimo romanzo La ragazza dalla macchina rossa. Queste traduzioni mi sono giĂ  valse numerosi riconoscimenti nel vostro Paese. In particolare, a palazzo Farnese a Roma, in presenza dell’ambasciatore francese Alain Le Roy, all’Istituto Francese di Napoli, ma anche nelle universitĂ  e centri culturali di Palermo, Napoli e Torino. Ho ugualmente avuto la fortuna di ottenere il premio Scrivere per amore, nel 2012, a Verona, dove il Presidente era Vittorio Sgarbi. Allo stesso modo, vi sono state diverse menzioni, tra cui la prima pagina della rivista Grazia Italia – cosa che non mi Ăš mai capitata in Francia. Inoltre, esistono numerosi lavori universitari riguardanti la mia opera. Alcuni universitari italiani hanno scritto degli studi molto interessanti sui miei testi, come Alessandro Madonia ed Emilia Surmonte, la quale ha anche in progetto di iniziare un saggio specialistico. Per non parlare dell’adattamento cinematografico di Non il suo tipo, che in italiano Ăš stato reso con il titolo di SarĂ  il mio tipo? e altri discorsi sull’amore. Questo film ha avuto un buon successo in Italia. E, per questo, mi sento giĂ  abbastanza soddisfatto. Non potrei fare di piĂč per essere conosciuto nel vostro Paese. In una societĂ  dello spettacolo quale la nostra, che promuove prima di tutto una letteratura di intrattenimento, il riconoscimento per la letteratura di pregio Ăš difficile e trova riscontro unicamente nelle sfere intellettuali, dunque in un ambito ristretto. Sono rari gli scrittori letterati conosciuti internazionalmente. Se nella grande industria culturale dell’intrattenimento i libri continuano a essere venduti, la letteratura alta si legge sempre meno. Tra le migliaia di scrittori pubblicati in Francia ogni anno, pochissimi si fanno notare nel proprio Paese, e ancora meno all’estero. D’altro canto, il piĂč delle volte, gli scrittori conosciuti al di lĂ  dei propri confini non sono per forza quelli letterariamente migliori. Sono riconosciuti perchĂ© i loro romanzi, giustamente, obbediscono a degli standard narrativi e a un formato commerciale – trama divertente e alla moda – traducibili per il grande pubblico. Di conseguenza, la notorietĂ  Ăš relativa e l’importante non Ăš, di per sĂ©, essere famosi, ma conosciuti per delle buone ragioni, giustificate da competenze letterarie e dalla qualitĂ  dell’opera. Quello che conta non Ăš la notorietĂ  ma la legittimitĂ , che permette di essere identificato simbolicamente come uno scrittore autentico: molti scrittori noti, che vendono, non possiedono questa legittimitĂ . I miei romanzi che intellettualizzano l’amore non sono senza dubbio sufficientemente commerciali per piacere al grande pubblico, ma mi hanno dato questa legittimitĂ  nell’ambito universitario e intellettuale, quale la pubblicazione di Philippe Vilain ou la dialectique des genres (Philippe Vilain o la dialettica dei generi) che Ăš dedicata alla mia opera. Un’altra Ăš in preparazione. Numerosi studi universitari sono stati pubblicati e altri sono in corso di pubblicazione. Che il mio lavoro sia riconosciuto negli ambiti intellettuali mi dĂ  una grande soddisfazione. È la critica universitaria a conferire legittimitĂ  simbolica a uno scrittore.
Per presentarmi rapidamente, dunque, direi che ho voluto scrivere dall’etĂ  di 18 anni e ho dedicato la mia vita alla letteratura, seguendo studi di Lettere Moderne all’universitĂ  della Sorbona, dove ho ottenuto un dottorato in letteratura, poi un assegno di ricerca post-dottorato che mi ha permesso di scrivere un saggio sull’opera di Fernando Pessoa. Ho avuto la fortuna di pubblicare il mio primo romanzo quando ero abbastanza giovane, a 28 anni, da dottorando. Ormai, ho pubblicato 10 romanzi, in parte con le Edizioni Gallimard (L’étreinte, La derniĂšre annĂ©e, Le renoncement e L’étĂ© Ă  Dresde), in parte con le edizioni Grasset (Paris l’aprĂšs-midi, Faux pïżœïżœre, Pas son genre, La Femme infidĂšle, Une idĂ©e de l’enfer, La fille Ă  la voiture rouge). Tutti i miei libri hanno la particolaritĂ  di essere scritti in prima persona e di analizzare l’amore, la coppia, i sentimenti e le intermittenze del cuore. L’amore Ăš un tema magnifico, profondo e ricco, che interroga le nostre scelte essenziali (politiche e sociali) come il senso stesso della nostra esistenza. Parallelamente ai romanzi non ho interrotto la ricerca specialistica, visto che tengo spesso delle conferenze e scrivo dei saggi teorici sulla letteratura contemporanea (L’autofiction en thĂ©orie, La littĂ©rature sans idĂ©al, DĂ©fense de Narcisse, Dans le sĂ©jour des corps, Essai sur Marguerite Duras). La mia attivitĂ  di romanziere non si discosta da una riflessione teorica e critica.
PerchĂ© ho voluto scrivere? Francamente, non lo so. La passione per la scrittura resta qualcosa di misterioso, nel senso religioso del termine, come per l’arte in generale. Cosa ci spinge a creare un’opera, a inventare delle storie, a passare del tempo a scrivere, malgrado non ci sia stato chiesto? Scrivere non Ăš un’attivitĂ  normale. Certamente potrei fornire delle ragioni obiettive – la mia timidezza in gioventĂč, il desiderio di esprimermi, il gusto per la letteratura – che mi hanno spinto a scrivere, ma queste ragioni risulterebbero insufficienti e, in ultimo, non sarebbero necessariamente interessanti. Non tutti gli scrittori hanno delle valide ragioni per scrivere, ma di queste stesse ragioni, gli scrittori non hanno sempre coscienza. E non sempre si sforzano di capirle. Quasi tutti vogliono scrivere o hanno bisogno di esprimersi, attraverso la scrittura, in un determinato momento della propria esistenza, ma la differenza tra uno scrittore comune e uno autentico, che dedica la maggior parte del suo tempo alla scrittura e allo studio della letteratura, Ăš che il primo ha semplicemente bisogno di scrivere, mentre il secondo, l’autentico, ne ha la necessitĂ . E, credetemi, c’ù una differenza notevole! Il primo concede del tempo alla scrittura, nel quadro generale della sua vita e percepisce la letteratura come un divertimento culturale, un mezzo, talvolta lucrativo, per accedere a uno status valorizzante, mentre il secondo si sacrifica alla scrittura. Molto presto mi sono reso conto che non avrei potuto fare altrimenti e che la scrittura sarebbe diventata la mia maledizione.
I suoi romanzi sembrano improntati a un’analisi delle dinamiche sociali odierne, quali i rapporti tra i sessi e le diverse classi sociali. Penso, per esempio, alla relazione tra il professore di Filosofia e la parrucchiera in Non il suo tipo, oppure a La moglie infedele, laddove il marito riconosce di essere stato scelto piĂč per la sua posizione sociale che per la passione che ispira nella protagonista. Condivide questa analisi?
L’amore, o piĂč precisamente le scelte amorose sono un soggetto che mi dĂ  da pensare. Sono affascinato da quelli che sono i rapporti amorosi: chi scegliamo quando amiamo e, al contrario, chi ci sceglie, da chi siamo amati? L’incontro avviene per caso o per la provvidenza (l’incontro con il Principe Azzurro), o per determinati aspetti che ci inducono a scegliere – come a essere scelti da – tali persone piuttosto che altre? La differenza sociale, e quindi culturale, esposta nel mio romanzo Pas son genre (Non il suo tipo), tra un professore di Filosofia e una parrucchiera, disturba perchĂ© ci pone di fronte a una realtĂ  sociale che nessuno vuole vedere, inammissibile, intollerabile, ovvero che l’amore Ăš socialmente conformista e convenzionale (il matrimonio, trionfo dell’amore, Ăš un “contratto sociale”). CiĂČ che la parrucchiera ama nel professore di Filosofia Ăš, in fondo, prima che la sua personalitĂ , una rappresentazione sociale, il fatto che lui sia, ai suoi occhi, tutto quello che lei non Ăš: un intellettuale parigino di una classe sociale, culturale, economica superiore alla sua. CiĂČ che attira il filosofo, oltre il suo aspetto esteriore, Ăš il fatto che lei lo porti al di lĂ  del suo ambito sociale e culturale. In teoria, noi tutti abbiamo voglia di credere che il sentimento amoroso sia puro, e la nostra buona coscienza ci incita a sperare che l’amore permetta tutto, la mescolanza culturale come l’eterogamia sociale, che tutti possano amare chiunque, ma la realtĂ  Ăš sfortunatamente piĂč complessa, e anche piĂč crudele. Non si tratta tanto di un’opinione, quanto piuttosto di un’osservazione, di una constatazione indispettita, nata tanto dall’indagine, quanto dalla lettura di studi sociologici sulla scelta del coniuge: sappiamo bene che questo tipo di eterogamia non Ăš possibile che a certe condizioni. Senza dubbio, ed Ăš il proposito del narratore di Pas son genre, nessun sentimento Ăš piĂč viziato e segregativo, piĂč corrotto ed esclusivo del sentimento amoroso, e l’amore, sotto una superficie virtuosa e morale, ci condanna spesso ad amarci solo tra eletti di una medesima casta sociale, dello stesso ambiente, dello stesso rango, a non sposare che delle persone del nostro status. CosĂŹ funziona la riproduzione sociale e, se l’amore non Ăš mai perfettamente gratuito, forse non Ăš che una relazione commerciale, tariffata, che non si dice, che si preferisce negare, e che la storia del matrimonio, con le sue doti, i suoi interessi familiari, come tutta la contrattualizzazione dei sentimenti (PACS), confermano. Ecco perchĂ© l’amore ha un prezzo e gli amanti si vendono senza saperlo. Nessuno ama constatare che la scelta di un partner Ăš un modo di definire il proprio valore, di prezzare sĂ© stessi – scelta che potrebbe riassumersi con questa formula di una violenza terribile: “Dimmi chi ami, ti dirĂČ quanto vali!” .
Quali sono stati gli autori francesi che hanno contribuito maggiormente alla sua formazione?
È sempre difficile valutare fino a che punto un’opera abbia influito su un’altra; le influenze sono spesso inconsce, tuttavia, penso che diversi scrittori siano stati importanti nel mio percorso letterario: Marguerite Duras, Benjamin Constant, Marcel Proust, ma anche Albert Camus, Sartre e Simone de Beauvoir. Mi sono nutrito del pensiero esistenzialista.
In particolare, leggendo La moglie infedele, si percepisce un suo legame molto stretto con l’Italia. Ha avuto modo di visitarla in diverse occasioni? Le ù mai capitato di leggere gli scrittori italiani? Conosce la nostra letteratura? Se sì, quale opinione ne ha?
L’Italia Ăš un Paese che conosco bene, dove vengo regolarmente da piĂč di vent’anni, e di cui amo la cultura. Ho vissuto a Torino per qualche tempo, una cittĂ  discreta e malinconica che possiede un fascino folle, romantico, lontano dai clichĂ© della cittĂ  industriale che circolano su di essa. Mi Ăš piaciuta molto Venezia, fuori dal tempo. Ho dei bei ricordi a Milano, a Firenze e anche a Verona, che sono dei veri e propri gioielli. Roma, quella della dolce vita, e la magnifica Palermo mi piacciono enormemente. Ma Ăš di Napoli che sono innamorato. Ho avuto un vero e proprio colpo di fulmine per Napoli la prima volta che mi ci sono ritrovato, nel luglio del 1994, a piazza Dante. Mi Ăš parso di conoscerla da sempre, di averla giĂ  percorsa nei miei sogni e, misteriosamente, mi ci sono sentito immediatamente come a casa. Questo sentimento non Ăš d’altronde mai cessato; ancor oggi, piĂč che nella stessa Parigi, Ăš a Napoli che mi sento a casa. Mi sento napoletano nel cuore. CosĂŹ come Stendhal voleva che si scrivesse sulla sua tomba che lui era milanese, mi piacerebbe che sulla mia venisse scritto che ero napoletano. Venezia, Torino (Falso padre), Capri e Napoli appaiono in molti dei miei romanzi, in particolare in La moglie infedele che in un primo momento volevo intitolare Capri Souvenirs, dal nome di una boutique che si affaccia sul porto. Non sono solamente dei ricordi per me, sono dei legami familiari. Ho iniziato a prendere appunti per un libro su Napoli. Non conosco bene la letteratura italiana contemporanea. Il primo romanzo di Elena Ferrante, L’amore molesto, cosĂŹ come la sua ambiziosa trilogia napoletana, mi hanno interessato. CosĂŹ anche i libri di Erri de Luca. Ho il ricordo di una lettura incantevole di Il giorno prima della felicitĂ  e di In nome della madre. L’ho conosciuto durante una conferenza all’Istituto Francese di Napoli, qualche anno fa. A lui, il napoletano esiliato, il figlio di Montedidio, avevo detto quanto ero innamorato della sua cittĂ , Napoli, una cittĂ  meravigliosa, straordinaria; mi aveva risposto, con un’aria maliziosa, arricciando i baffi: “Non ditelo ai napoletani, per caritĂ , rischierebbero di credervi!”. Mi piacciono, inoltre, Pavese, Moravia, Elsa Morante e il magnifico poeta Ungaretti. Recitavo spesso, tra me e me, uno dei suoi versi, quando ero studente: “Chi sono io? Se non un grande sogno oscuro”.
Al di lĂ  dei nomi storici di maggior rilievo, quali Balzac, Zola, Guy de Maupassant, Camus, Sartre, qui in Italia conosciamo la letteratura francese attuale soprattutto per il successo mondiale che ha avuto Michel Houellebecq. Vorrei chiederle la sua opinione su questo autore.
La letteratura francese contemporanea continua a produrre delle opere interessanti, come quelle di Patrick Modiano, Annie Ernaux o Michel Houellebecq, che coniuga lo studio dei costumi realisti (Estensione del dominio della lotta, La possibilitĂ  di un’isola, Piattaforma. Nel centro del mondo), quello socio-filosofico (Particelle elementari, La carta e il territorio) e la sua capacitĂ  profetica (Sottomissione). L’opera di Houellebecq somiglia a una nuova commedia umana e fa dell’autore di PrĂ©sence humaine il nostro Balzac post-moderno.
Legge molto? Si limita alla letteratura francese o ci sono altri paesi di cui ama particolarmente la produzione letteraria? Eventualmente, puĂČ farci il nome di qualche autore straniero che ha apprezzato?
Ho letto molto ma sono meno curioso rispetto a prima, meno avido di lettura, non leggo piĂč come un tempo. Il piacere non Ăš piĂč lo stesso, non risiede piĂč nel divertimento, ma Ăš soprattutto un piacere intellettuale. Il libro il cui fine Ăš quello di intrattenermi non mi interessa. C’ù stato un periodo nel quale leggevo molti autori americani, soprattutto quelli della generazione perduta. Ho adorato Hemingway, Carver e Steinbeck. In un altro periodo, leggevo la letteratura portoghese, e resto tuttora un grande ammiratore di Fernando Pessoa, sul quale ho scritto un saggio. Amo anche la letteratura russa, Dostoevskij e Cechov.
Crede che la trasposizione cinematografica di un suo testo, come nel caso di Non il suo tipo, abbia contribuito al successo della sua opera? Qual Ăš la sua opinione in merito a quella trasposizione?
Non credo, perchĂ© il romanzo Ăš uscito molto prima – 3 anni prima – dell’adattamento cinematografico. Diciamo che il film ha permesso di dare un chiarimento importante sul mio lavoro e sull’edizione tascabile. Ma gli spettatori non sono per forza attenti al fatto che il film sia un adattamento del mio romanzo, anche se viene menzionato sullo schermo in modo palese all’inizio del film, e anche se compaio in un cameo. Non Ăš raro, comunque, che incontri delle persone che mi dicono di aver visto il film senza sapere che fossi io l’autore del libro.
Il film ù una versione di tutto riguardo, molto fedele al mio romanzo, che racconta la stessa storia, ma da un punto di vista differente: il regista, Lucas Belvaux, la narra da un punto di vista abbastanza neutro – anche se si ù piuttosto orientato verso la parrucchiera –, mentre io racconto la storia dal punto di vista del professore di Filosofia. La differenza di prospettiva cambia molte cose.
Quali sono i pregi e i difetti della letteratura francese attuale?
La discussione sarebbe troppo lunga e rimando coloro i quali fossero interessati alla letteratura francese contemporanea al mio saggio, La littĂ©rature sans idĂ©al. Diciamo, in sostanza, che la letteratura contemporanea tende a obbedire alle leggi del mercato, che si adatta alla domanda, offrendo e promuovendo prima di tutto una letteratura d’intrattenimento, che risponde a dei temi standardizzati (rende note le vite delle celebritĂ  e alcuni avvenimenti storici). È diventata una letteratura basata sul soggetto, ai danni di una letteratura di stile. La scrittura propriamente detta perde sempre piĂč importanza. Al giorno d’oggi, saper scrivere non Ăš piĂč una necessitĂ  per diventare scrittore, ma Ăš sufficiente trovare una buon soggetto, che sia sensazionale e di cui i media possano occuparsi.
Intervista a cura di Matteo Fais
Traduzione dal francese di Matteo Matta
*
Entretien avec Philippe Vilain
Monsieur Vilain, vous n’ĂȘtes pas trĂšs connu en Italie. Nous voudrions vous connaĂźtre davantage? Quand avez-vous dĂ©butĂ© en littĂ©rature? Pour quelle raison?
Vous savez, j’estime dĂ©jĂ  ma chance d’ĂȘtre traduit par un Ă©diteur italien, Gianni Gremese, qui m’est fidĂšle depuis prĂšs de dix annĂ©es maintenant et qui a dĂ©jĂ  traduit cinq de mes romans: Falso padre, Quadernetto sulla timidezza, Non il suo tipo, La moglie infedele ont Ă©tĂ© publiĂ©s, en attendant la parution en avril 2018 de mon dernier roman La ragazza dalla macchina rossa. Ces traductions m’ont dĂ©jĂ  valu de nombreuses sollicitations dans votre pays, notamment au palais Farnese de Rome en prĂ©sence de l’ambassadeur de France Alain Le Roy, Ă  l’institut français de Naples comme dans les universitĂ©s et les centres culturels de Palerme, Naples et Turin. J’ai Ă©galement eu la chance d’obtenir le prix Scrivere per amore en 2012, Ă  VĂ©rone, dont le prĂ©sident Ă©tait Vittorio Sgarbi, ainsi qu’une presse exceptionnelle, dont une double page dans le magazine Grazia Italia –ce qui ne m’est jamais arrivĂ© en France), et de nombreux travaux universitaires qui s’écrivent sur mon Ɠuvre. Des universitaires italiens ont Ă©crit des Ă©tudes trĂšs intĂ©ressantes sur mes textes, comme Alessandro Madonia et Emilia Surmonte qui a mĂȘme le projet d’entreprendre un essai sur mes textes. Et je ne parle mĂȘme pas de l’adaptation cinĂ©matographique de Non il suo tipo en Italie, devenue un film : SarĂ  il mio tipo? E altri discorsi sull’amore – ce film a connu un beau succĂšs ici. C’est la raison pour laquelle je m’estime dĂ©jĂ  heureux. Je ne peux pas faire beaucoup mieux pour ĂȘtre connu en Italie.
Dans notre sociĂ©tĂ© du spectacle, qui promeut avant tout la littĂ©rature de divertissement, la reconnaissance de la littĂ©rature exigeante est difficile, et se rĂ©alise dans les sphĂšres intellectuelles, donc forcĂ©ment confidentielles. Rares sont les Ă©crivains littĂ©raires Ă  ĂȘtre internationalement connus. Si, dans la grande industrie culturelle de divertissement, les livres continuent de se vendre, la littĂ©rature littĂ©raire, elle, se lit de moins en moins. Sur les milliers d’écrivains publiĂ©s en France chaque annĂ©e, trĂšs peu se distinguent en rĂ©alitĂ© dans leur pays, et encore moins Ă  l’étranger. Par ailleurs, le plus souvent, les Ă©crivains connus en dehors de leurs frontiĂšres ne sont pas forcĂ©ment les plus littĂ©rairement exigeants ; ils sont reconnus parce que leurs romans, justement, obĂ©issent Ă  des standards narratifs et Ă  un formatage marchand –sujet divertissant et Ă  la mode- traduisible pour le plus grand nombre. Par consĂ©quent, la notoriĂ©tĂ© est relative, et l’important n’est pas, en soi, d’ĂȘtre connu mais d’ĂȘtre connu pour de bonnes raisons, justifiĂ©es par des compĂ©tences littĂ©raires et la qualitĂ© d’une oeuvre. Ce qui compte ce n’est pas la notoriĂ©tĂ©, mais la lĂ©gitimitĂ©, qui permet d’ĂȘtre identifiĂ© symboliquement comme un Ă©crivain authentique : nombre d’écrivains connus, qui vendent beaucoup de livres, ne possĂšdent pas cette lĂ©gitimitĂ©. Mes romans intellectualisant l’amour ne sont pas sans doute assez commerciaux pour plaire au plus grand nombre, mais ils m’ont donnĂ© cette lĂ©gitimitĂ© dans la sphĂšre universitaire et intellectuelle : un ouvrage Philippe Vilain ou la dialectique des genres a Ă©tĂ© consacrĂ© Ă  mon Ɠuvre. Un autre est en prĂ©paration. De nombreuses Ă©tudes universitaires ont Ă©tĂ© publiĂ©es et d’autres sont en cours. Que mon Ɠuvre soit reconnue dans les sphĂšres intellectuelles me donne une grande satisfaction. C’est la critique universitaire –de comprĂ©hension- qui donne la lĂ©gitimitĂ© symbolique Ă  un Ă©crivain.
Pour me prĂ©senter rapidement, donc, je dirais que j’ai voulu Ă©crire depuis l’ñge de 18 ans et que j’ai consacrĂ© ma vie Ă  la littĂ©rature en faisant des Ă©tudes de lettres modernes Ă  l’universitĂ© de la Sorbonne oĂč j’ai obtenu un doctorat de littĂ©rature, puis une bourse d’études post-doctorales qui m’a permis d’écrire un essai sur l’Ɠuvre de Fernando Pessoa. J’ai eu la chance de publier mon premier roman assez jeune, Ă  28 ans, alors que j’étais jeune doctorant. DĂ©sormais, j’ai publiĂ© 10 romans, en partie aux Ă©ditions Gallimard (L’étreinte, La derniĂšre annĂ©e, Le renoncement et L’étĂ© Ă  Dresde), en partie aux Ă©ditions Grasset (Paris l’aprĂšs-midi, Faux pĂšre, Pas son genre, La Femme infidĂšle, Une idĂ©e de l’enfer, La fille Ă  la voiture rouge). Tous mes romans ont la particularitĂ© d’ĂȘtre Ă©crits Ă  la premiĂšre personne et d’analyser l’amour, le couple, les sentiments et les intermittences du cƓur. L’amour est un sujet magnifique, profond et riche, qui interroge nos choix essentiels (politiques et sociaux) comme le sens mĂȘme de notre existence. ParallĂšlement aux romans, je n’ai pas rompu avec la recherche universitaire puisque je fais souvent des confĂ©rences et j’écris des essais thĂ©oriques sur la littĂ©rature contemporaine (L’autofiction en thĂ©orie, La littĂ©rature sans idĂ©al, DĂ©fense de Narcisse, Dans le sĂ©jour des corps. Essai sur Marguerite Duras). Mon activitĂ© de romancier ne se sĂ©pare pas d’une rĂ©flexion thĂ©orique et critique.
Pourquoi ai-je voulu Ă©crire ? Franchement, je ne le sais pas. Cela reste quelque chose de mystĂ©rieux la passion, au sens religieux du terme, pour l’écriture, ou pour un art en gĂ©nĂ©ral. Qu’est-ce qui nous pousse Ă  crĂ©er une oeuvre, Ă  inventer des histoires, Ă  passer du temps Ă  Ă©crire, alors que personne ne nous demande rien ? Ecrire n’est pas une activitĂ© normale. Bien sur je pourrais vous donner des raisons objectives –ma timiditĂ© de jeunesse, le dĂ©sir de m’exprimer, le goĂ»t pour la littĂ©rature- qui m’ont poussĂ© Ă  Ă©crire, mais ces raisons demeureraient insuffisantes et finalement, elles ne seraient pas forcĂ©ment intĂ©ressantes. Non seulement tous les Ă©crivains ont de bonnes et mauvaises raisons d’écrire, mais ces raisons, les Ă©crivains n’en ont pas toujours conscience. Ils n’ont pas toujours fait, ou voulu faire, le travail, pour dĂ©couvrir ces raisons. A peu prĂšs tout le monde veut Ă©crire ou Ă  besoin de s’exprimer par l’écriture Ă  un moment donnĂ© de son existence, mais la diffĂ©rence entre un Ă©crivain, comme il en nait chaque jour, et un Ă©crivain authentique, qui consacre la plupart de son temps Ă  l’écriture et Ă  l’étude de la littĂ©rature, c’est que le premier a simplement besoin d’écrire, et que le second, l’authentique, lui, en a la nĂ©cessitĂ©. Et, croyez-moi, cela fait une sacrĂ©e diffĂ©rence ! Le premier concĂšde du temps Ă  l’écriture dans son cadre de vie, et perçoit la littĂ©rature comme un divertissement culturel, un moyen, parfois lucratif d’accĂ©der Ă  un statut social valorisant, tandis que le second se sacrifie Ă  l’écriture. TrĂšs tĂŽt je me suis rendu compte que je ne pourrais pas faire autrement que d’écrire et que l’écriture deviendrait ma malĂ©diction.
Vos romans portent l’empreinte des dynamiques sociales contemporaines (rapports entre les sexes et entre les diffĂ©rences classes sociales): il suffit de penser, par exemple, Ă  la relation entre le professeur de philosophie et la coiffeuse dans Pas son genre, ou Ă  La Femme infidĂšle, dont le mari comprend avoir Ă©tĂ© choisi pour son statut social que pour la passion qu’il a suscitĂ©. Partagez-vous cette analyse?
L’amour, plus particuliĂšrement le choix amoureux est un sujet qui m’interroge. Je suis fascinĂ© par les rencontres amoureuses : qui choisissons-nous quand nous aimons, et, Ă  l’inverse, qui nous choisit, par qui sommes-nous aimĂ©s ? La rencontre procĂšde-t-elle du hasard ou de la providence (la rencontre du Prince charmant) ou de dĂ©terminations qui nous induisent Ă  choisir –comme Ă  ĂȘtre choisi par- telles personnes plutĂŽt que telles autres ? La diffĂ©rence sociale, et donc culturelle, exposĂ©e dans mon roman Pas son genre (Non il suo tipo), entre un professeur de philosophie et une coiffeuse dĂ©range en ce qu’elle nous place face Ă  une rĂ©alitĂ© sociale que personne ne veut voir et cette vĂ©ritĂ©, inadmissible, intolĂ©rable, que l’amour n’est pas la transcendance que nous croyons, que l’amour est socialement conformiste et conventionnel (le mariage, sacre de l’amour, est un « contrat social »). Ce que la coiffeuse aime dans le professeur de philosophie, c’est, au fond, avant sa personnalitĂ© une reprĂ©sentation sociale, le fait qu’il soit, Ă  ses yeux, tout ce qu’elle n’est pas : un intellectuel parisien d’une classe sociale, culturelle, Ă©conomique supĂ©rieure Ă  la sienne. Ce qui attire le philosophe, hormis sa plastique, c’est le fait qu’elle le dĂ©payse socialement et culturellement.
En thĂ©orie, nous avons tous envie de croire que le sentiment amoureux est pur, et notre bonne conscience nous incite Ă  espĂ©rer que l’amour permet tout, la mixitĂ© culturelle comme l’hĂ©tĂ©rogamie sociale, que tout le monde peut aimer tout le monde, mais la rĂ©alitĂ© est malheureusement plus complexe, et plus cruelle aussi. Il s’agit moins lĂ  d’une opinion que du fruit d’une observation, d’un constat dĂ©pitĂ©, nĂ© autant d’observations que de lectures d’études sociologiques sur le choix du conjoint : nous savons bien que ce type d’hĂ©tĂ©rogamie n’est possible qu’à certaines conditions. Sans doute, et c’est le propos du narrateur de Pas son genre, aucun sentiment n’est-il plus viciĂ© et sĂ©grĂ©gatif, plus corrompu et clanique que le sentiment amoureux, et l’amour, sous ses dehors vertueux, moraux, nous condamne-t-il le plus souvent Ă  n’aimer qu’entre Ă©lus d’une mĂȘme caste sociale, d’un mĂȘme milieu, d’un mĂȘme rang, Ă  n’épouser que des personnes de notre genre. Ainsi va la reproduction sociale, et, si l’amour n’est jamais tout-Ă -fait gratuit, il n’est peut-ĂȘtre qu’un rapport marchand, tarifĂ©, qui ne se dit pas, que l’on prĂ©fĂšre nier, et que l’histoire du mariage, avec ses dots, ses intĂ©rĂȘts familiaux, comme toute contractualisation de sentiments (Pacs), confirment. C’est pourquoi l’amour a un prix, et les amoureux se vendent sans le savoir. Personne n’aime voir que choisir un partenaire est une maniĂšre de dĂ©finir sa propre valeur, de s’estimer soi-mĂȘme – choix qui pourrait se rĂ©sumer par cette formule d’une violence effroyable: «Dis-moi qui tu aimes, je te dirais que ce que tu vaux ! ».
Quels ont été les auteurs français qui ont le plus contribué à votre formation?
Il est toujours difficile d’évaluer Ă  quel point une Ɠuvre a influencĂ© une autre, les influences Ă©tant bien souvent inconscientes, toutefois, je pense que plusieurs Ă©crivains ont Ă©tĂ© importants dans ma trajectoire d’écrivain: Marguerite Duras, Benjamin Constant, Marcel Proust, mais aussi Albert Camus, Sartre et Simone de Beauvoir. Je me suis beaucoup nourri de la pensĂ©e existentialiste.
La lecture de La femme infidĂšle Ă©voque votre lien Ă©troit avec l’Italie. Avez-vous eu la possibilitĂ© de visiter ce pays? Avez-vous lu des Ă©crivains italiens, et connaissez-vous notre littĂ©rature? Quelle opinion en avez-vous?
L’Italie est un pays que je connais bien, oĂč je viens rĂ©guliĂšrement depuis plus de vingt ans, et dont la culture me plait. J’ai vĂ©cu Ă  Turin quelques temps, une ville discrĂšte et mĂ©lancolique qui possĂšde un charme fou, romantique, loin des clichĂ©s de la ville industrielle qui sont vĂ©hiculĂ©s sur elle. J’ai adorĂ© Venise, hors du temps. J’ai de bons souvenirs Ă  Milan, Ă  Florence et Ă  VĂ©rone aussi, qui sont de vĂ©ritables joyaux. Rome de la dolce vita et la magnifique Palerme me plaisent Ă©normĂ©ment. Mais c’est de Naples que je suis amoureux. J’ai eu un vĂ©ritable coup de foudre pour Naples la premiĂšre fois que je m’y suis retrouvĂ©, en juillet 1994, piazza Dante. Il m’a semblĂ© que je connaissais cette ville depuis longtemps, que je l’avais dĂ©jĂ  traversĂ©e dans mes rĂȘves, et, mystĂ©rieusement, je m’y suis tout de suite senti chez moi. Ce sentiment n’a, d’ailleurs, jamais cessĂ© ; aujourd’hui encore, plus qu’à Paris mĂȘme, c’est Ă  Naples que je me sens le plus chez moi. Je me sens Napolitain de cƓur. Comme Stendhal voulait que l’on Ă©crive sur sa tombe qu’il Ă©tait Milanais, j’aimerais qu’on Ă©crive sur la mienne que j’étais Napolitain.
Venise, Turin (Falso padre), Capri et Naples apparaissent dans plusieurs de mes romans, notamment dans La moglie infedele, que je voulais intituler au dĂ©but : Capri souvenirs, du nom d’une boutique donnant sur le port de Capri. Ce ne sont pas seulement des lieux de mĂ©moire pour moi, ce sont des lieux familiers. J’ai dĂ©jĂ  commencĂ© de prendre des notes pour un livre sur Naples.
Je connais mal la littĂ©rature italienne contemporaine. Le premier roman d’Elena Ferrante, L’amore molesto (L’amour harcelant), comme son ambitieuse trilogie napolitaine m’ont intĂ©ressĂ©. Les livres d’Erri de Luca Ă©galement. J’ai le souvenir d’une lecture enchantĂ©e d’Un jour avant le bonheur et d’Au nom de la mĂšre. J’ai fait sa connaissance lors d’une confĂ©rence Ă  l’institut français de Naples, il y a quelques annĂ©es. A lui, le Napolitain exilĂ©, le fils de Montedidio, j’avais dit combien j’étais amoureux de sa ville, Naples, une ville merveilleuse, extraordinaire ; et il m’avait rĂ©pondu avec un air malicieux, toute moustache remontĂ©e : «Ne le dites surtout pas aux Napolitains, ils risqueraient de le croire ! ».
Sinon, j’aime beaucoup Pavese, Moravia, Elsa Morante, et le magnifique poĂšte Ungaretti. Je me rĂ©citais un de ses vers lorsque j’étais Ă©tudiant: «Chi sono io? Se non un grande sogno oscuro[
]».
En dehors des grands noms de l’histoire de la littĂ©rature française, Balzac, Zola, Maupassant, en Italie, nous connaissons la littĂ©rature contemporaine française surtout Ă  travers le succĂšs mondial de Michel Houellebecq. Je voudrais vous demander votre opinion sur cet auteur.
La littĂ©rature française contemporaine continue de produire des Ɠuvres intĂ©ressantes, comme celles de Patrick Modiano, Annie Ernaux ou Michel Houellebecq, en effet, qui, en ce qu’elle conjugue l’étude de mƓurs rĂ©alistes (Extension du domaine de la lutte, La possibilitĂ© d’une Ăźle, Plateforme), l’étude socio-philosophique (Particules Ă©lĂ©mentaires, La Carte et le Territoire) et sa capacitĂ© prophĂ©tique (Soumission), s’apparente Ă  une nouvelle comĂ©die humaine et fait de l’auteur de PrĂ©sence humaine notre Balzac post-moderne.
Lisez-vous beaucoup? PrĂ©fĂ©rez-vous la littĂ©rature française ou bien, il y a des littĂ©ratures Ă©trangĂšres dont vous apprĂ©ciez la production? Pouvez-vous donner le nom d’auteurs Ă©trangers que vous apprĂ©ciez?
J’ai beaucoup lu mais je suis moins curieux qu’autrefois, moins avide de lecture, je ne lis pas du tout de la mĂȘme façon qu’autrefois. Le plaisir n’est plus de mĂȘme nature, il n’est plus dans le divertissement mais il est surtout intellectuel. Il livre dont le but est de me divertir ne m’intĂ©resse pas. J’ai eu une pĂ©riode oĂč je lisais beaucoup d’écrivains amĂ©ricains, ceux de la gĂ©nĂ©ration perdue surtout. J’ai adorĂ© Hemingway, Carver et Steinbeck. A une autre pĂ©riode, je lisais la littĂ©rature portugaise, et je reste un grand admirateur de Fernando Pessoa, sur lequel j’ai Ă©crit un essai. J’aime la littĂ©rature russe aussi, DostoĂŻevski et Tchekhov.
D’aprĂšs vous, l’adaptation cinĂ©matographique de Pas son genre a-t-elle contribuĂ© au succĂšs de votre Ɠuvre? Que pensez-vous de cette adaptation?
Je ne crois pas, car le roman est sorti bien avant -trois ans- avant l’adaptation cinĂ©matographique. Disons que le film a permis de donner un Ă©clairage important sur mon travail et sur l’édition de poche. Mais les spectateurs ne sont pas forcĂ©ment attentifs au fait que le film soit une adaptation de mon roman, mĂȘme si la mention figure sur l’écran de maniĂšre trĂšs visible au dĂ©but du film, et mĂȘme si je fais une apparition dans le film. Il n’est pas rare d’ailleurs que des personnes que je rencontre me disent avoir vu le film sans savoir que c’était moi qui en Ă©tais l’auteur. Le film est une adaptation remarquable, trĂšs fidĂšle de mon roman, qui raconte la mĂȘme histoire, mais d’un point de vue diffĂ©rent : le rĂ©alisateur, Lucas Belvaux raconte l’histoire depuis un point de vue assez neutre –mĂȘme s’il est plutĂŽt orientĂ© vers la coiffeuse- et moi je raconte l’histoire depuis le professeur de philosophie. La diffĂ©rence de point de vue change beaucoup de choses.
Quelles sont les valeurs et les défauts de la littérature française contemporaine?
Ce serait lĂ  engager une discussion trop longue et je renvoie ceux qui sont intĂ©ressĂ©s par la littĂ©rature française contemporaine Ă  mon essai, La littĂ©rature sans idĂ©al. Disons, en substance, que la littĂ©rature contemporaine a tendance Ă  obĂ©ir aux lois du marchĂ©, qu’elle s’adapte Ă  la demande en offrant et en promotionnant avant tout une littĂ©rature divertissante, rĂ©pondant Ă  des sujets standardisĂ©s (elle vulgarise des vies de cĂ©lĂ©britĂ©s et des Ă©vĂ©nements historiques). Elle est devenue une littĂ©rature du sujet au dĂ©triment d’une littĂ©rature de style. L’écriture proprement dite prend de moins en moins d’importance. Savoir Ă©crire n’est plus une nĂ©cessitĂ© pour devenir Ă©crivain aujourd’hui, il suffit de trouver un bon sujet, sensationnel, dont les mĂ©dias pourront s’emparer.
L'articolo “La scrittura ù la mia maledizione”: intervista a Philippe Vilain, il romanziere che conosce l’arte di amare proviene da Pangea.
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